mercoledì 12 novembre 2008

Destra e sinistra (terzo ed ultimo intervento sull'A, B, C della politica)

Premessa/commento. Propongo o ri-propongo (per chi l'avesse già letto) il capitolo finale del libro di Norberto Bobbio intitolato Destra e sinistra. Nella prima parte del libro Bobbio confuta tutte le tesi che vorrebbero "superata" questa che rimane una delle dicotomie più importanti della politica. In particolare contesta coloro che parlano di "morte delle ideologie", ma che in realtà vorrebbero che le altre ideologie dalla propria siano morte e seppellite. Il problema è che spesso si sono persi di vista alcuni grandi ideali per inseguire convenienze contingenti, difese corporative di apparati, furbesche scorciatoie.
Non è un caso che Bobbio intitoli questo capitolo "La stella polare" e che indichi nell'egualitarismo la principale discriminante tra destra e sinistra. Naturalmente è una tesi che farà sobbalzare coloro che per anni (nei partiti di sinistra e nel sindacato) hanno sostenuto che proprio questo fosse la causa di tutti mali della nostra società.



Norberto Bobbio, Cap. VII . La stella polare in Destra e Sinistra, Donzelli Editore, 1994

1. Una politica egualitaria è caratterizzata dalla tendenza a rimuovere gli ostacoli (per riprendere l'espressione del già citato articolo 3 della nostra Costituzione) che rendono gli uomini e le donne meno eguali. Una delle più convincenti prove storiche della tesi sin qui sostenuta secondo cui il carattere distintivo della sinistra è l'egualitarismo, si può dedurre dal fatto che uno dei temi principali, se non il principale, della sinistra storica, comune tanto ai comunisti quanto ai socialisti, è stato la rimozione di quello che è stato considerato, non solo nel secolo scorso ma sin dall'antichità, uno dei maggiori, se non il maggiore, ostacolo all'eguaglianza tra gli uomini, la proprietà individuale, il «terribile diritto». Giusta o sbagliata che sia questa tesi, è noto che in genere le descrizioni utopiche di società ideali, che muovono da un'aspirazione egualitaria, descrivono e insieme prescrivono una società collettivistica; che Jean-Jacques Rousseau, quando s'interroga sull'origine della diseguaglianza degli uomini, esce nella famosa invettiva contro il primo uomo che, cintando il suo podere, ha dichiarato «questo è mio!»; che da Rousseau trae ispirazione il movimento che da vita alla Congiura degli Eguali, spietatamente contrario ad ogni forma di proprietà individuale; che tutte le società di eguali che si vanno formando nel secolo scorso, in cui la sinistra spesso si è riconosciuta, considerano la proprietà individuale come l'iniqua istituzione che deve essere abbattuta; che sono egualitari e collettivisti tutti i partiti che escono dalla matrice marxista; che una delle prime misure della rivoluzione trionfante nella terra degli zar fu l'abolizione della proprietà individuale della terra e delle imprese; che le due opere principali di storia e di critica del" socialismo, Les systemes socialistes di Vilfredo Pareto e Socialism di Ludwig von Mises sono, il primo, una rassegna critica, l'altro un'analisi e critica economica delle varie forme di collcttivismo. La lotta per l'abolizione della proprietà in­dividuale, per la collettivizzazione, ancorché non integrale, dei mezzi di produzione, è sempre stata, per la sinistra, una lotta per l'eguaglianza, per la rimozione dell'ostacolo principale all'attuazione di una società di eguali. Persino la politica delle nazionalizzazioni che ha caratterizzato per un lungo tratto di tempo la politica economica dei partiti socialisti, venne condotta in nome di un ideale egualitario, se pure non nel senso positivo di aumentare l'eguaglianza, ma nel senso negativo di diminuire una fonte di diseguaglianza.
Che la discriminazione tra ricchi e poveri, introdotta e perpetuata dalla persistenza del diritto considerato inalienabile della proprietà individuale, sia considerata la principale causa della diseguaglianza, non esclude il riconoscimento di altre ragioni di discriminazione, come quella tra uomini e donne, tra lavoro manuale e intellettuale, tra popoli superiori e popoli inferiori.

2. Non ho difficoltà ad ammettere quali e quanti siano stati gli effetti perversi dei modi con cui si è cercato di realizzare l'ideale. Mi è accaduto non molto tempo fa di parlare a questo proposito di «utopia capovolta» ovvero del capovolgimento totale di una grandiosa utopia egualitaria nel suo contrario. Nessuna delle città ideali descritte dai filosofi era stata mai proposta come un modello da volgere in pratica. Platone sapeva che la repubblica ideale, di cui aveva parlato coi suoi amici e discepoli, non era destinata a esistere in nessun luogo, ma era vera soltanto, come dice Glaucone a Socrate, «nei nostri discorsi». E, invece, è avvenuto che la prima volta che un'utopia egualitaria è entrata nella storia, passando dal regno dei «discorsi» a quello delle cose, si è rovesciata nel suo contrario.
Ma, aggiungevo, il grande problema della diseguaglianza tra gli uomini e i popoli di questo mondo è rimasto in tutta la sua gravita e insopportabilità (perché non dire, anche, nella sua minacciosa pericolosità per coloro che si ritengono soddisfatti?). Anzi, nella accresciuta coscienza che andiamo ogni giorno di più acquistando delle condizioni del Terzo e del Quarto mondo, di quello che Latouche ha chiamato «il pianeta dei naufraghi», le dimensioni del problema si sono smisuratamente e drammaticamente allargate. Il comunismo storico è fallito. Ma la sfida che esso aveva lanciato è rimasta. Se per consolarci, andiamo dicendo che in questa parte del mondo abbiamo dato vita alla società dei due terzi, non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla maggior parte dei paesi ove la società dei due terzi, o addirittura dei quattro quinti o dei nove decimi, è quell'altra.
Di fronte a questa realtà, la distinzione fra la destra e la sinistra, per la quale l'ideale dell'eguaglianza è sempre stato la stella polare cui ha guardato e continua a guardare, è nettissima. Basta spostare lo sguardo dalla questione sociale all'interno dei singoli stati, da cui nacque la sinistra nel secolo scorso, alla questione sociale internazionale, per rendersi conto che la sinistra non solo non ha compiuto il proprio cammino ma lo ha appena cominciato.

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