lunedì 15 dicembre 2008

Segni dei tempi: aperta sede della Lega al Lingotto



A tre mesi di distanza dall’inaugurazione della sezione nel quartiere operaio per tradizione, borgo San Paolo, ieri, i leghisti si sono ritrovati in un ex negozio di pochi metri quadri all’incrocio tra le vie Edoardo Daneo e Melchiorre Voli (per l'inaugurazione della nuova sede, ndr).
I simboli sono tanti in questo territorio a cavallo tra rioni che nacquero vicino alla prima fabbrica automobilistica e che si svilupparono negli Anni 60 con Mirafiori e l’ondata degli immigrati.
Qui sorsero i primi circoli dopo-lavoro (il Dravelli), le sezioni sindacali, del Pci (in via Passo Buole), che nell’80, da solo, arrivò a superare il 42,7 per cento (nelle elezioni, ndr). Fu la palestra di dirigenti come Piero Fassino e Giuliano Ferrara (quest'ultima non è una nota di merito, ndr). Gli abitanti ricordano le lotte e anche gli scontri di corso Traiano, il comizio di Berlinguer di fronte a uno stabilimento che minacciava di essere occupato, il declino con la marcia dei 40 mila.
«E’ rimasto un quartiere di sinistra, la Lega non è a casa sua», avverte qualche irriducibile, scordandosi che alle politiche del 94 fu proprio qui che un ex Pci, Alessandro Meluzzi (allora schierato con Forza Italia), riuscì a battere Chiamparino nella corsa alla Camera.
«Io milito nel Carroccio da quel tempo: la Lega è dalla parte dei deboli - sostiene Giovanni Oliva, cinquantenne -. Sono stato iscritto alla Cgil, alla Fiom, in via Pedrotti ho sentito tante promesse, ero strumentalizzato. Con la Lega contano i fatti, l’Ici è stata tolta, e io sono pugliese», l’on. Mario Borghezio gli dà una pacca sulla spalla: «Le cose che dici ti fanno onore».

(da Semidiceviprima rubrica de Il cannocchiale, 14/12/08)

Intanto Veltroni chiede soldi per la FIAT l'unica che non ha speso un euro per trovare alternative all'auto a combustibile fossile, tant'è che è stato un finanziamento regionale a promuovere l'unico studio italiano sull'auto elettrica. In sostanza propongono un finanziamento per chi non rappresenta alcuna innovazione tecnologica. Di fronte alla mancanza completa di ammortizzatori sociali (eufemismo pessimo per dire cassa integrazione o sussidio di disoccupazione) che sarebbero necessari per far fronte alla "messa in libertà" di tanti lavoratori più o meno precari, si sceglie l'assistenzialismo alla grande impresa che dispone già di tutti i "privilegi" della cassa integrazione.
Mi chiedo che razza di credibilità pensano di ottenere.

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