venerdì 31 dicembre 2010

Termino l'anno con le ultime foto di oggi della mia valle





Quiete di silenzi
di sole invernale che riscalda il cuore
di passo scricchiolante sulle foglie secche
di cinguettio nascosto del re degli uccelli, scricciolo inarrestabile
di attesa, fiduciosa, del mutare delle stagioni.

Rappresentanza politica e realtà

Il Segretario FIOM Maurizio Landini ha dichiarato sul fatto che numerosi esponenti del PD (Fassino, Chiamparino, D'Alema) hanno detto di essere favorevoli all'accordo con la FIAT: «È legittimo che ognuno esprima il suo pensiero. Ma sarebbe utile che la politica prima di parlare di certe situazioni provasse a fare lo sforzo di mettersi nel punto di vista di chi deve lavorare, a mettersi nei panni di chi sta nelle catene di montaggio in certe condizioni, senza diritti e sotto ricatto per 1.300 euro al mese».

Il Presidente del PD Massimo D'Alema risponde a Landini dicendo "Anche Landini non lavora alla catena di montaggio".

Pensierino. Ecco è questo il problema della sinistra: ha perso il punto di vista dei lavoratori e chi parla è un ceto politico lontano dalla realtà che una volta reppresentava.

martedì 28 dicembre 2010

Il bianco secondo Gesualdo Bufalino

Bellissimo e innocente colore, il bianco, ma nella sua purezza quanti spaventi s'annidano. "Obscur comme un lys", scrisse una volta un poeta e voleva alludere a quel tanto d'indecisione e d'enigma che, a differenza dei rimanenti colori, privilegia il bianco e lo carica delle più opposte virtualità, facendolo apparire a un tempo emblema della più esangue assenza e dell'assoluto totale. Un colore pericoloso, dunque, dove alternativamente trionfano il chiuso nulla e l'infinitamente aperto infinito; un colore che non per caso, sposandosi al nero, genera i morbidi o secchi incantesimi del film muto e dei vetusti dagherrotipi. Un colore cui gli stessi pittori non osano accostarsi che con rispetto e tremore, tanto esso appare immacolato e quasi sdegnoso a paragone degli altri — blu di Prussia, gialli Vermeer, rossi di squilla - nei quali più crudamente trapela un'infezione di vita. Si pensi ai Pierrots di Watteau, ai muri di Utrillo, alle sinfonie "en blanc majeur" di Wisthler... Quindi al bianco calcinato e luttuoso di cui si vestono gl'intonaci delle case di campagna sotto il sole del Sud nella controra di luglio...
Ebbene, tutto questo, e altro ancora, è il bianco d'una salina.
(Tratto da Altre pagine siciliane, OPERE/2, Classici Bompiani, 2007)

 Jean-Antoine Watteau: Gilles (Pierrot)

Maurice Utrillo, Place du Tertre

James Abbott McNeill Whistler, Sinfonia in bianco, Contessa Cecilia 

P.S. Ci vorrebbe la maestria fotografica di Maurizio per catturare il biancore delle saline tra Trapani e Marsala (con i loro mulini a vento) e quella di Janas per quelle sarde di Capo d'Orso a Palau.

domenica 26 dicembre 2010

E' sparita la poesia di Alda Merini insieme al post...

Il folletto dispettoso del web ha colpito ancora: il post su Alda Merini è sparito con la sua poesia. Spero che qualcuno l'abbia copiata e messo in qualche "cassetto" del proprio cuore, molto più sicuro di una silicea cartella di computer...
Il folletto dispettoso, poi, è fuggito e si è visto un lontano bagliore al tramonto dietro le montagne dove s'è nascosto... Ma non potrà rimanere rintanato in eterno.


sabato 25 dicembre 2010

Natale ?



(Grazie a "Il soprammobile" ecco riappare la poesia di Alda Merini, che metto qui, che mi sembra il posto più indicato...)

PER NATALE

(…) Manco anche a me stessa, vivo un
periodo di transizione, mi rifugio nel
futuro e oltrepasso il presente per
continuare a camminare.
Parlami di te, ti penso anche nella
lontananza e oltre gli abissi degli eventi.
Ti auguro momenti sereni e buoni, un Natale
al di fuori delle apparenze, una festa del
cuore e dell'anima.
Un bacio sui tuoi pensieri più belli (…).

Alda Merini 

sabato 18 dicembre 2010

venerdì 10 dicembre 2010

Girovagando

Al riparo dal vento

Qualcuno ha dei dubbi che questa sia il Fiume Azzurro?

Frutti di stagione

Caimani e cigni

domenica 5 dicembre 2010

Piove su L'Aquila

MACERIE DI PIOGGIA

Acqua esonda dentro sofferenze acute
Ferite mai chiuse
Macerie di terra, fango e pioggia
Mai abbandonate.

Pioggia bagna volti prosciugati dall'amarezza
Con dignità dipinta sui loro sguardi
E polvere tra le dita.

Terra sfatta, crollata
Bagnata fradicia
Ma soprattutto schiacciata da bugie ed inettitudine.

Una faccia alza lo sguardo verso il cielo

Beve lacrime di pioggia e rabbia.

DANIELE VERZETTI, ROCKPOETA

sabato 4 dicembre 2010

Foto di giornata

Ultimi lavori dei campi: si raccoglie l'erba


Carpiö (stato dell'acqua tra liquido e solido)

Che ci fa una meridiana nel bosco? Contadino ossessionato dal tempo o segna l'ora serena trascorsa qui?


giovedì 2 dicembre 2010

El tacer nocer non po...


Una scritta campeggiava su un palazzo nobiliare della zona (Palazzo Camòom di Dairago) e gli storici locali si sono affrettati a dare delle spiegazioni facendo risalire il misterioso motto ad una canzone popolare mantovana del '400, adottato poi come motto di famiglia da Vincenzo Gonzaga duca di Mantova dal 1587 al 1612. Davvero poche assonanze avevano un sperduto palazzo di un paesino della plaga milanese e la splendida Corte di Mantova. E' certo che il Duca di Mantova, uno degli uomini più rappresentativi e importanti del Rinascimento e con una brutta fama solo come amatore (ci vollero ben tre prove per dimostrare che la "verga ducale" fosse in grado di deflorare la promessa sposa Eleonora de' Medici), era ben lontano dalle triviali abitudini di Giò. Francesco Casati abitante del Palazzo Camòon (a cui, tra l'altro, la verga funzionava benissimo).
Quest'ultimo infatti "governava" il paese a suon di violenze con i suoi bravi, angariando contadini, stuprando donzelle e  tenendosi "publicissimamente" come concubina una quattordicenne [nulla di nuovo sotto il sole !]. Il prepotente non si era fatto nemmeno scrupolo ad andarsi a riprendere la fanciulla rifugiatasi nella casa del parroco per un improvviso ravvedimento.  Nemmeno la visita di Carlo Borromeo calmò i bollenti spiriti di questo sanguigno personaggio che anzi continuò ad intimidire il Curato che persisteva a voler salvare la fanciulla.

Tutta questa premessa "storica" però interessa fino ad un certo punto. 
Quel che più mi importava era il famoso motto.
Mi colpisce la (voluta) ambiguità di questo pensiero che non chiude alla possibilità di cambiare radicalmente idea in un attimo e poi cambiarla ancora.
Mi pare di una grande attualità e non per giustificare i Voltagabbana, 
ma per ribadire la libertà di essersi sbagliati. 

domenica 21 novembre 2010

Tornavento


Tornavento. Nella pianura quello che impressiona è lo spazio che si apre (improvviso e spettacolare) davanti quando il vento spazza via nebbie e sulfuree fuliggini. 
Per cui c'è da invocare, dopo giorni di pioggia:"Torna vento, torna"...


venerdì 19 novembre 2010

Un saluto ad Adriana Zarri, teologa ed unica donna presente al Concilio Vaticano II



Parabole
di Adriana Zarri
in “il manifesto” del 21 agosto 2010
Gettonare. Un tempo non usava (forse perché ancora non c'erano i gettoni) è uno dei tanti neologismi (di buono o di cattivo gusto) che ci siamo inventati. E non è neanche bello, ma ormai ce lo dobbiamo sopportare. Gatti Fra cani e gatti c'è una dialettica, diciamo pure una decisa guerra, combattuta sul piano letterario del simbolo e della narrazione, e sul piano esistenziale con obiettive zuffe, a suon di abbaiamenti, di miagolii e di soffi felini. Anche a livello umano c'è una dialettica tra... filocani e filogatti, cioè tra gli amatori dell'uno o dell'altro animale. Dichiaro subito di essere una filogatta. Dei gatti amo tutto: la bellezza, la morbidezza, le fusa che gorgogliano nella loro tiepida gola; ed amo anche gli amatori dell'amato felino che sono molti: tra uomini donne, laici ed ecclesiastici, papa compreso. Anche il papa. Non so i precedenti ma il pontefice attuale è, lui pure, un amante dei gatti, ed io gli perdono certe direttive che mi lasciano perplessa per via di questo amore comune per i mici. Naturalmente questo amore è poco per sbilanciare la perplessità che è molta, ma sempre qualcosa è e insieme al suo amore per la musica, mi rende simpatico anche lui che - per tanti altri versi - simpatico proprio non sarebbe. Evviva quindi il gatto che svolge persino una funzione ecclesiale. Cani Il cane mi piace molto meno. Estroverso, deciso (se non lo fermiamo) a puntarci le zampe sul petto per giungere a darci una linguata sulla faccia, lo sporcaccione. E tuttavia sempre una bestia è: creatura di Dio ed amico dell'uomo e anzi ha ispirato tanta buona e cattiva (specialmente cattiva) letteratura sulla sua fedeltà, quasi che il gatto e altri animali non fossero altrettanto fedeli e amici. Comunque occupiamoci anche di lui e registriamo, con soddisfazione, la notizia che dice in calo gli abbandoni che funestavano le scorse estati, quando i padroni (è il termine odioso che in questo caso ben si giustifica) li abbandonavano sulla strada, per non avere l'impiccio di un animale durante le vacanze. Ma un animale amico non è un impiccio: è un buon compagno. Portiamoli perciò con noi i nostri cani e i nostri gatti: ci faran compagnia e - se proprio non possiamo portarli - affidiamoli ad un amico fidato perché facciano compagnia pure a lui. Se poi non abbiamo un cane e neanche un gatto consoliamoci con qualche altro animale. Ed io mi metto in pari, rispetto alla mia carenza canina e felina, con uno scoiattolo che scorazza nel giardino e nel bosco saltando da pianta a pianta con la sua grande coda rossa e spazzolando la corteccia degli alberi. E se poi non bastasse, tenete conto che ho anche saltanti lucertole e ramarri smeraldini, per non dir poi di lunghe code di formiche e di rotonde chiocciole che si appendono, come gioielli, sui rami delle piante. Cani, gatti, scoiattoli... l'importante è che ci sia sempre qualche animale, perché più bestie ci sono più il mondo è bello.

sabato 13 novembre 2010

Adesso qui


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E dopo, tornato a casa ecco qualche altra foto...

Pettirosso

Pastori macedoni nel Parco del Ticino

venerdì 12 novembre 2010

Sei personaggi in cerca...

In un teatro una compagnia sta provando una commedia brillante. Solite scene di piccola umanità: un attor giovine non più giovane, una prima donna eccentrica e capricciosa, amori galeotti tra gli attori, "operai" del teatro che armeggiano intorno cercando di far funzionare una macchina che sembra già a pezzi.
Nella scena irrompono sei personaggi, stralunati, spiritati: una donna velata con due bambini (la madre), suo marito, un figlio già uomo, la figliastra (una ragazza giovane e di grande bellezza).
Capocomico. Chi sono lor signori? Che cosa vogliono?
Il padre (facendosi avanti, seguito dagli altri, fino a una delle due scalette). Siamo qua in cerca d'un autore.
Il capocomico (fra stordito e irato). D'un autore? Che autore?
Il padre. D'uno qualunque, signore.
Il capocomico. Ma qui non c'è nessun autore, perché non abbiamo in prova nessuna commedia nuova.
La figliastra (con gaja vivacità, salendo di furia la scaletta). Tanto meglio, tanto meglio, allora, signore! Potremmo esser noi la loro commedia nuova.
Qualcuno degli attori (fra i vivaci commenti e le risate degli altri). Oh, senti, senti!
Il padre (seguendo sul palcoscenico la Figliastra). Già, ma se non c'è l'autore!
Al Capocomico: Tranne che non voglia esser lei...
La Madre, con la Bambina per mano, e il Giovinetto saliranno i primi scalini della scaletta e resteranno lì in attesa. Il Figlio resterà sotto, scontroso.
Il capocomico. Lor signori vogliono scherzare?
Il padre. No, che dice mai, signore! Le portiamo al contrario un dramma doloroso.
La figliastra. E potremmo essere la sua fortuna!
Il capocomico. Ma mi facciano il piacere d'andar via, che non abbiamo tempo da perdere coi pazzi!
Il padre (ferito e mellifluo). Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena d'infinite assurdità, le quali sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere.
Il capocomico. Ma che diavolo dice? 
Il padre. Dico che può stimarsi realmente una pazzia, sissignore, sforzarsi di fare il contrario; cioè, di crearne di verosimili, perché pajano vere. Ma mi permetta di farle osservare che, se pazzia è, questa è pur l'unica ragione del loro mestiere.
Gli Attori si agiteranno, sdegnati.
Il capocomico (alzandosi e squadrandolo). Ah sì? Le sembra un mestiere da pazzi, il nostro?
Il padre. Eh, far parer vero quello che non è; senza bisogno, signore: per giuoco... Non è loro ufficio dar vita sulla scena a personaggi fantasticati?
Il capocomico (subito facendosi voce dello sdegno crescente dei suoi Attori). Ma io la prego di credere che la professione del comico, caro signore, è una nobilissima professione! Se oggi come oggi i signori commediografi nuovi ci danno da rappresentare stolide commedie e fantocci invece di uomini, sappia che è nostro vanto aver dato vita—qua, su queste tavole—a opere immortali!
Gli Attori, soddisfatti, approveranno e applaudiranno il loro Capocomico.
Il padre (interrompendo e incalzando con foga). Ecco! benissimo! a esseri vivi, più vivi di quelli che respirano e vestono panni! Meno reali, forse; ma più veri! Siamo dello stessissimo parere!
Gli Attori si guardano tra loro, sbalorditi.

Intermezzo pensieroso. Pirandello capovolge la "finzione" scenica riportandola alla realtà, ben intuendo che ciascuno "recita una parte". Oggi non si recita più, si crede fermamente di essere proprio il proprio "personaggio", non c'è distacco, che significa anche autoironia...

Il Padre (rivolto al Capocomico). Il dramma scoppia, signore, impreveduto e violento, al loro ritorno; allorché io, purtroppo, condotto dalla miseria della mia carne ancora viva... Ah, miseria, miseria veramente, per un uomo solo, che non abbia voluto legami avvilenti; non ancor tanto vecchio da poter fare a meno della donna, e non più tanto giovane da poter facilmente e senza vergogna andarne in cerca! Miseria? che dico! orrore, orrore: perché nessuna donna più gli può dare amore.—E quando si capisce questo, se ne dovrebbe fare a meno... Mah! Signore, ciascuno—fuori, davanti agli altri—è vestito di dignità: ma dentro di sè sa bene tutto ciò che nell'intimità con se stesso si passa, d'inconfessabile. Si cede, si cede alla tentazione; per rialzarcene subito dopo, magari, con una gran fretta di ricomporre intera e solida, come una pietra su una fossa, la nostra dignità, che nasconde e seppellisce ai nostri stessi occhi ogni segno e il ricordo stesso della vergogna. È così di tutti! Manca solo il coraggio di dirle, certe cose!
La figliastra. Perché quello di farle, poi, lo hanno tutti!
Il padre. Tutti! Ma di nascosto! E perciò ci vuol più coraggio a dirle! Perché basta che uno le dica—è fatta!—gli s'appioppa la taccia di cinico. Mentre non è vero, signore: è come tutti gli altri; migliore, migliore anzi, perché non ha paura di scoprire col lume dell'intelligenza il rosso della vergogna, là, nella bestialità umana, che chiude sempre gli occhi per non vederlo. La donna—ecco—la donna, infatti, com'è? Ci guarda, aizzosa, invitante. La afferri! Appena stretta, chiude subito gli occhi. È il segno della sua dedizione. Il segno con cui dice all'uomo: «Accecati, io son cieca!».
La figliastra. E quando non li chiude più? Quando non sente più il bisogno di nascondere a se stessa, chiudendo gli occhi, il rosso della sua vergogna, e invece vede, con occhi ormai aridi e impassibili, quello dell'uomo, che pur senz'amore s'è accecato? Ah, che schifo, allora che schifo di tutte codeste complicazioni intellettuali, di tutta codesta filosofia che scopre la bestia e poi la vuol salvare, scusare... Non posso sentirlo, signore! Perché quando si è costretti a «semplificarla» la vita—così, bestialmente—buttando via tutto l'ingombro «umano» d'ogni casta aspirazione, d'ogni puro sentimento, idealità, doveri, il pudore, la vergogna, niente fa più sdegno e nausea di certi rimorsi: lagrime di coccodrillo! 



domenica 7 novembre 2010

Sospesa(o)

Era trascorso il tuo tempo
ed ora,
staccata dal ramo da un colpo di vento,
ti aspettava la terra accogliente,
ma sei rimasta appesa
ad un filo invisibile...

sabato 6 novembre 2010

Non fare che l'Inverno (dedicato a chi so io)

Non fare che l'Inverno, dura mano,
cancelli la tua estate indistillata:
proteggine una fiala, via, lontano,
prima che la bellezza sia annullata.
...
(Sonetto di William Shakespeare)



giovedì 4 novembre 2010

Fotografie di ieri e di oggi

Possiedo un certo numero di vecchie fotografie del paese dove vivo, patrimonio o di famiglia (un vecchio zio appassionato di fotografia) o di ricerche nelle case. Quasi sempre in queste fotografie è presente qualche persona. Non c'erano due cattive abitudini dei fotografi moderni: escludere le persone ("scusa spostati un po' che devo fotografare il monumento") o , peggio, quello di mettere davanti al monumento in posa delle persone sorridenti.
Per il fotografo di 60-80 anni fa la cosa era differente. La foto era un evento in sè. Rarissime sono le persone in posa, se non nelle foto di gruppo di associazioni; molto più frequenti quelle di grandi eventi religiosi (processioni, messe solenni), dei matrimoni più importanti e spessissimo anche di funerali. A dire il vero c'erano le foto di singole persone o di gruppi familiari ristretti (padre madre e figli), ma erano quasi sempre fatte in studio con pose studiate e stereotipate su fondali classici (colonna dorica, tenda drappeggiata). La moglie sta seduta con in braccio i bambini ed il marito fissa l'obiettivo appoggiando una mano sulla spalla di lei che rivolge il viso al marito guardando in sù. Poi ci sono le foto di pargoletti nudi su vaporosi cuscini di taffetà, ma sono sicuramente ricchi pargoli della borghesia.
Nelle foto di scorci di paese (come dicevo prima di questa digressione sui personaggi delle foto), si vedono sempre persone ferme per strada, per niente in posa, come se il fotografo volesse rappresentare il paese mentre vive una normale giornata, con la gente che passeggia o passa in bicicletta, il cane che scodinzola dietro al suo padrone che si è fermato a parlare con un amico, le donne con la sporta delle spesa...
E' una idea di fotografia più aderente alla realtà, non astratta, ma maledettamente concreta e viva.
Ci sarebbe da riflettere molto su come usiamo oggi la fotografia e sul rapporto che abbiamo con la realtà che ci circonda.

Il Verbo e le tenebre

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 1-18)

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.

Pensierino. Per chiunque creda o meno queste parole dovrebbero far pensare al valore fondante per la nostra esistenza del Verbo=Parola. Non è un caso che proprio dallo stravolgimento e mutazione del senso delle parole parta la grande offensiva dei mistificatori , corruttori e ingordi (non solo di cibi) che affollano la nostra vita pubblica . Ritornare al "senso" delle parole è quindi resistere alle tenebre che avanzano.

P.S. Mi sento "biblico" questa mattina, ma poi passa...

martedì 2 novembre 2010

Il parco ed il monumento a Pier Paolo Pasolini a Ostia


Questa è la considerazione dell'Italia per uno dei più grandi intellettuali del '900. Ma (forse) è molto meglio così...

Per cimiteri

Le "feste" dei morti sono l'occasione per me per visitare i cimiteri. Non si tratta di devozione per i morti, quelli li visito ogni giorno dell'anno nella mia passeggiata in paese; non è nemmeno la visita ai "miei" morti, i morti sono come i figli: dopo un po' sono "patrimonio" di tutti e quindi la visita ad una qualsiasi tomba è la "visita ai morti". Evito accuratamente di frequentare il cimitero proprio nei giorni di sfrenata kermesse che fa molto contenti soprattutto i fioristi. La mia frequentazione nei cimiteri (in orari strani tipo nelle ore di mezzogiorno nelle quali questi luoghi si svuotano all'improvviso) serve per visitare quelle antiche chiese che vi sorgono e che rappresentano nel novarese e nelle aree di campagna di Lombardia e Piemonte una grandissima ricchezza purtroppo dimenticata. Queste costruzioni nel novarese ad es. sono quasi sempre le chiese principali del paese abbandonate per decreti vescovili a causa di pestilenze o altre calamità e che diventano le cappelle intorno alle quali si raccolgono le sepolture dei "nuovi" cimiteri. Per noi questo periodo si situa all'incirca tra l'XI e il XIII secolo. Queste piccole chiese lasciate un po' in disparte dai paesi sono rimaste nella quasi totalità anche dimenticate da "costruttori" e "distruttori" e quindi intatte anche se progressivamente in pessime condizioni generali. Al loro interno poi si trovano affreschi che in alcuni casi sono di pregevole fattura ed in altri rappresentano solo il modo un po' primitivo ed ingenuo di rappresentare la vita dei santi, le fasi della vita di Gesù ed in particolare i due eventi clou (nascita e morte sulla croce). Qui si possono ammirare delle vere e proprie "Cappelle Sistina dei poveri" alle quali sono molto affezionato. E' una religione semplice e molto diretta che non ha nulla a che fare col rito: il prete sull'altare diceva a questi contadini parole assolutamente incomprensibili (parlava in latino ad un popolo di analfabeti). Loro guardavano questo grande fumetto sulle pareti e capivano tutto quello che c'era da capire.
Certo si era messo di mezzo anche il Concilio di Trento a codificare i messaggi pittorici, le figure da usare e quelle da evitare, le simbologie riconoscibili a Palermo come a Varese; eppure i pittori poi ci mettevano del loro ed è nei particolari che si sviluppa la loro fantasia e si creava un feeling con il "fruitore finale".
Cimitero di Cavagliano Chiesa di San Vito. Copia del dipinto eseguito da Gaudenzio Ferrari nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Varallo Sesia. Affreschi del XV-XVI secolo.

Commento a margine. Notate quel calcagno del soldato seduto a terra sulla destra che sporge dal quadro e sembra appoggiato alla cornice. E' di una modernità impressionante.

Oratorio dei Santi Nazaro e Celso (Sec. XII-XIII). Maria fa il bagno a Gesù. 

Commento a margine. Maria (vestita di tutto punto) fa il bagno a Gesù in un bacile e di fianco sulla destra è acceso il fuoco per riscaldare l'ambiente ed una bambina ha pronto l'asciugamano per asciugarlo. In alto un cane dorme tranquillo. 




 

sabato 30 ottobre 2010

Costi della politica

Il giorno 21 settembre 2010 il Deputato Antonio Borghesi dell'Italia dei Valori ha proposto l'abolizione del vitalizio che spetta ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura in quanto affermava cha tale trattamento risultava iniquo rispetto a quello previsto dai lavoratori che devono versare 40 anni di contributi per avere diritto ad una pensione. 

Indovinate un po' come è andata a finire ? : 

Presenti 525

Votanti 520

Astenuti 5

Maggioranza 261

Hanno votato sì 22

Hanno votato no 498.


Si sarebbero potuti risparmiare 150 milioni di euro all'anno con questo semplice provvedimento, ma guai a parlare di riduzione dei costi della politica. 
Poi si fanno gruppi di studio e tavole rotonde per scoprire perché la distanza dalla politica della gente comune si sta facendo baratro...


* dati riportati nel blog di nonsopiùchi...

venerdì 29 ottobre 2010

Dalì e Disney insieme. Destino.



In margine alla mostra in corso sull'opera di Dalì al Palazzo Reale di Milano, ecco una per niente strana accoppiata con Disney. "Vivere per sognare" potrebbe essere il titolo anziché il più sinistro "Destino".

Prima di avviare il filmato, interrompere la musica del blog sulla destra.

mercoledì 27 ottobre 2010

Immaginavo che ci fosse

C'era da qualche parte una poesia nascosta sul "soffione". Non ne avevo dubbi, ma non la conoscevo. Ora che l'ho trovata, eccola...


Il soffione (*)
ha portato
a centoventiquattro profeti
il messaggio del nulla.

da Abbas Kiarostami, Un lupo in agguato, Einaudi
(*) Il nome di questa pianta in persiano è qdsedak, letteralmente, "piccolo messaggero" e , malgrado in italiano si perda questo significato, capiamo perfettamente il senso di tutto.


rom scrive spiritosamente nei commenti...
Il centoventicinquesimo
non ricevette il messaggio
continuava a guardare il mondo
senza sapere nulla del nulla
e il soffione esplose al vento
i suoi flosculi piscialetto.

Lo seguo sulla sua cattiva strada e rilancio...
Il 126^ era lui il messaggero 
e disse al soffione
non spargere la notizia
è riservata...

domenica 24 ottobre 2010

Eremiti sul Lago Maggiore

Ci sono posti che sono incredibili. Mai avresti pensato che un naufrago sbattuto su queste rocce potesse pensare di abitare lì in una grotta, come un eremita. Guardando il Lago non immagineresti una simile furia, eppure il vento di Mergozzo è ancora oggi temibile e ne ha fatto ultimamente (2006) le spese un secolare albero (Cipresso del Kashmir del diametro di 7 metri) dell'Isola Madre che è stato piegato come un fuscello. 


Guido Ceronetti traduce Antonio Machado da Trafitture di tenerezza , Einaudi


In coro con me cantate:
Sapere, nulla sappiamo.
Arcano, il mare da cui veniamo.
Ignoto il mare in cui finiremo.
Posto tra i due misteri
E' il grave enigma: tre
Casse che chiuse una perduta chiave.
La luce nulla illumina,
Il sapiente nulla insegna.
La parola dice qualcosa?
L'acqua, alla pietra, dice qualcosa?  

sabato 23 ottobre 2010

Una guida dedicata al mio paese

  Lo scorso anno scolastico ho presentato un progetto alla Scuola secondaria di primo grado (le "medie" di una volta) un progetto ...