mercoledì 22 giugno 2011

Il pellegrinaggio alla Madonna Dell'Arco "Lunedì in Albis" raccontato da Roberto de Simone


Ero appena entrato faticosamente tra la folla, e subito risuonarono quelle alte grida con le quali alcuni fujenti esprimono la loro devozione, e altri marcano uno stato di contagioso entusiasmo che investe i campi della labilità emotiva, del malessere interiore, dell'isteria, e, in alcuni casi, della trance mistica, dell'invasamento e della possessione.
Una donna, entrata di corsa, con grida laceranti cadde al suolo rotolandosi, e subito seguirono altre crisi accompagnate da cadute, da acutissime urla, singhiozzi, pianti e svenimenti in tutta l'area della navata centrale; e lo spazio si caricò di una tensione palpabile, indirizzata a scaricarsi verso l'immagine mariana che assunse l'enigmaticità di un idolo, il rimorso di un sacrilegio sanguinante nel muggito corale di un mare tempestoso, l'impenetrabilità di una epifania che valicava i paradigmi della ragione, e consentiva di essere sommersi da onde di tamburi, coi quali si scandiva la presenza divina sulle antiche acque del caos primigenio. O non è, il lunedì in albis a Madonna dell'Arco, una grande messa del dolore ? Un rito battesimale in cui si convogliano e si riplasmano culturalmente il malessere esistenziale, le colpe collettive, una medianità repressa, lo sgomento di essere toccati o invasi dal numinoso, come avveniva in lontani orizzonti precristiani ?
Ave Maria...ma è appropriata la salutazione angelica in una manifestazione dove l'anima collettiva rompe gli argini della storia per travolgere ciecamente, scandalosamente, gli ambiti della civiltà, del cosìddetto progresso, del cattolicesimo più intransigente e integralista?
Ovviamente, per tali motivi l'ufficialità ecclesiastica ha sempre tentato di reprimere o almeno di controllare l'aspetto più contraddittorio e vistoso di questa festa secolare,tenace espressione degli strati più marginali e disagiati della società campana. E anche quell'anno, dagli altoparlanti disposti sulla facciata del tempio mariano, le suadenti espressioni dei domenicani tentavano di contrapporsi all'urgenza emotiva del rito popolare, ora diffondendo con la voce stonata di un prete le parrocchiali melodie mariane, ora recitando le avemaria ad altissimo volume, ora invitando i fedeli a comportamenti ortodossi: - La Madonna vi comprende, ma gradisce ordine e compostezza. Fedeli, non date spettacolo! 
All'opposto, senza alcun freno, si intensificava il registro delle voci sul sagrato del tempio:

Chi è devoto
'e sta Maronna 'e ll' Arco!
Sore', 'a Maronna! 
e, sorda a ogni blandizia, la tumultuosa devozionalità si esprimeva mediante tutte le sue esuberanze coribantiche. , »
Si aveva la sensazione di assistere a un antico scontro in cui l'ufficialità faceva abuso dell'autorità repressiva dei microfoni, e la compattezza culturale di un rito extraliturgico reagiva senza lasciarsi minimamente sopraffare, come un Davide munito di primitiva fionda al cospetto della prevaricante forza di Oloferne.

Roberto de Simone, Novelle K 666 (Tra Mozart e Napoli), Einaudi, 2007

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